Prepararsi a diventare mamma e papà e restare nel contempo una coppia unita e innamorata sembra una cosa scontata, ma non lo è affatto, considerando tutti gli stress e le difficoltà che investono la coppia quando la famiglia si prepara a crescere.
La cultura popolare e i media descrivono la gravidanza come periodo di massima realizzazione e felicità nella vita di una donna. Attribuire al periodo della maternità soltanto aspetti e valori positivi, di cui non si può che essere contenti, è, tuttavia, un modo superficiale e arbitrario di affrontare un momento evolutivo importante e complesso che appartiene come tale non soltanto al percorso di vita della donna, ma, in senso più generale, a quello del compagno e della famiglia nucleare.
Di per sè la gravidanza è un momento molto delicato, sia dal punto di vista psicologico (cambiamenti legati al ruolo e all'assunzione di responsabilità, riesperienza degli antichi legami madre-figlia e familiari), sia dal punto di vista biologico e ormonale. Tali cambiamenti possono naturalmente modificare l'umore della donna, anche in donne che non hanno mai avuto problemi di ansia o di depressione, e provocano, comunque, un “fisiologico”, e in molti casi fortunatamente passeggero, stato di stress psicofisico, normalmente avvertito durante la gravidanza come difficoltà a riposare, presenza di pensieri e preoccupazioni legati alla maternità, maggiore suscettibilità nelle relazioni importanti e così via. Tutti questi cambiamenti nella maggioranza dei casi sono naturalmente accompagnati anche dalla gioia di diventare madri e di avere un figlio/a, e quindi durante l'attesa nella donna possono coesistere emozioni, aspettative, stati d'animo contrastanti, in modo del tutto fisiologico. La gestante è, però, un concentrato di dinamicità, felicità e onnipotenza e sembra non soffrire di alcun tipo di turbamento: porta avanti tutte le attività col sorriso, non è mai stanca, lavora fino alle 38esima settimana, segue una dieta per restare in forma, riduce al minimo il naturale e fisiologico aumento di peso, organizza il suo tempo ed è felice. Questa icona culturale da un lato e la tendenza a sminuire i cambiamenti emotivi di questo periodo dall'altro hanno degli effetti importanti su come la donna sente di dover vivere la gravidanza; questi messaggi ambigui e superficiali amplificano il disagio nelle donne che non si sentono così euforiche (o che sono stanche o che prendono peso), e promuovono l'instaurarsi un senso di vergogna o anormalità, aumentando il disagio e rendendone difficile la condivisione all'interno della coppia, della famiglia di origine e con le persone che più dovrebbero essere competenti in materia.
Molte donne durante la gravidanza sperimentano un senso di inadeguatezza rispetto al ruolo e al modello, e pensano che questo significhi non essere buone madri; percepirsi inadeguate è un importante e generico fattore di rischio per lo sviluppo di ansia o depressione, e primariamente provoca un senso di vergogna che spinge queste mamme al silenzio, impedisce loro di condividere quello che pensano con altre persone e instaura un classico meccanismo di pensiero a circolo vizioso ("più penso di essere inadeguata più mi vergogno, più sto chiusa in me stessa più aumenta l'angoscia e aumentano i pensieri negativi e più mi sento inadeguata").
Spesso sintomi inizialmenti lievi vengono taciuti e possono provocare in seguito gravi situazioni ansiose o depressive, che si ripercuotono negativamente sulla salute della donna e sul benessere del bambino.
La fase che segue la nascita di un figlio è per la donna un momento emotivamente molto delicato, di crisi evolutiva, caratterizzato da instabilità psicoemotiva che deriva dal trovarsi ad affrontare sentimenti e stati d'animo che non trovano immediato riconoscimento e conseguente collocazione all'interno dei propri personali riferimenti, dalla paura di non essere all'altezza del compito, dal riferimento alla propria esperienza di figlia, di neonata accudita ed educata, la cui memoria aiuta ed ostacola la propria esperienza genitoriale.
Il passaggio dal parto al puerperio può avere uno svolgimento normale, tuttavia si sottolineano anche situazioni che assumono connotati di difficile adattamento alla nuova condizione di madre, tanto da determinare stati di sofferenza e anche di angoscia, fino a condizioni decisamente patologiche.. Inoltre, la rilevanza delle situazioni riscontrabili nel post-partum non si limita al disagio e alla sofferenza della madre, ma ha una diretta ripercussione sul neonato e sulla famiglia.
Sono numerosi gli studi scintifici che dimostrano che fin dalla nascita il neonato riflette, quasi come in uno specchio ("Neuroni Specchio" , Rizzolati e Sinigallia, 2006), lo stato d'animo della madre, creando con essa un corto circuito che impronta non solo il loro reciproco rapporto, ma che inciderà anche sul rapporto futuro con il modo esterno.
Quando nsce un bambino, nasce anche una madre che necessita di sostegno e di contenimento affettivo allo stesso modo del piccolo che ha generato. Se questo approccio di tipo empatico avrà luogo, anche la qualità del rapporto nella diade madre-figlio potrà sicuramente migliorare. L'obiettivo finale del sostegno al post-partum è quello di condurre la donna alla piena accettazione del proprio ruolo di madre, oltre che naturalmente quello di favorire la relazione affettiva con l'essere che ha generato. Per offrire cure e assistenza ad un esserino totalmente dipendente è indispensabile essere psicologicamente ed emotivamente in grado di farlo, e questo può avvenire solamente se una madre è stata, ed è, a sua volta accudita.

